La transizione energetica corre, gli incentivi pure. Ma al momento della firma del preventivo per un impianto fotovoltaico, la domanda è una sola: posso sommare tutto? La risposta breve è no, quella utile è: dipende da cosa stai sommando. Le regole operative oggi prevedono un’alternativa secca tra il contributo in conto capitale per l’autoconsumo diffuso (CER) e le ordinarie detrazioni per il recupero del patrimonio edilizio. Scegli una strada e portala fino in fondo.
Detrazioni: percentuali, tetti e tempi (la via “classica”)
Per il fotovoltaico, che rientra negli interventi di recupero edilizio e non tra quelli di puro efficientamento, la Legge di Bilancio 2025 fissa aliquote “a scalare”: 36% sulle spese 2025 e 30% nel 2026-2027. Se l’impianto è realizzato dal proprietario (o titolare di diritto reale) sull’abitazione principale, le aliquote salgono al 50% nel 2025 e al 36% nel 2026-2027. Limite di spesa invariato: 96.000 euro per unità immobiliare. Ripartizione sempre in dieci quote annuali uguali. È la rotta nota: sconto fiscale diluito nel tempo, regole consolidate, poche sorprese di cassa.
Contributo CER: 40% a fondo perduto, ma non si somma alle detrazioni
Il Decreto CER del MASE ha messo sul piatto risorse robuste per impianti in configurazioni di autoconsumo e Comunità Energetiche Rinnovabili: contributo in conto capitale fino al 40% dei costi ammissibili, con priorità nei comuni sotto i 50.000 abitanti e taglie fino a 1 MW. Il contributo arriva dopo la realizzazione e il pagamento delle spese. La clausola che conta: il 40% a fondo perduto non è cumulabile con detrazioni ordinarie (art. 16-bis TUIR), con il Superbonus, con altri contributi in conto esercizio diversi dalla tariffa incentivante, né con ulteriori aiuti pubblici analoghi. Tradotto: fondo perduto o detrazione, tertium non datur.
Il punto che genera dubbi è il “residuo”: se il contributo copre il 40%, il restante 60% resta a mio carico; posso detrarlo? La prassi esclude il cumulo per lo stesso intervento: niente detrazione sull’importo coperto dal contributo e, salvo eccezioni, niente detrazione nemmeno sulla quota residua riferita al medesimo intervento. L’eccezione storica riguarda i contributi post-sisma: lì le agevolazioni si applicano alle spese eccedenti e agli ulteriori interventi di consolidamento. Per il fotovoltaico standard, invece, la scelta resta alternativa.
Come si decide? Dipende da impianto, tempi e IRPEF. Il contributo CER è un colpo secco sul capitale: riduce subito l’esborso, ma vincola alla configurazione di condivisione e ai relativi adempimenti. La detrazione è un beneficio fiscale decennale: rende di più se hai capienza IRPEF e orizzonte lungo. Occhio alla cassa: il contributo arriva a lavori finiti; la detrazione ti rientra a rate.
Ultima nota pratica: l’installazione di batterie d’accumulo spesso viaggia insieme al fotovoltaico, ma segue binari fiscali propri. Anche quando scegli il contributo CER per l’impianto, valuta se e come detrarre le spese “accessorie” che non cadono nel divieto di cumulo, evitando sovrapposizioni sullo stesso intervento.
Morale in stile cartello stradale: corsia A, detrazione 36–50% con tetto 96.000 euro e dieci anni; corsia B, contributo CER 40% a fondo perduto. Incrociarli è vietato. La convenienza non è ideologica: è matematica, normativa e, soprattutto, personale.
fonte: lavoripubblici.it – Luciano Ficarelli